Le riviste - 1

Registro un cambiamento lento e inesorabile nelle mie abitudini di lettore: un po' per pigrizia, un po' per stanchezza oggettiva dopo le mie giornate di lavoro frenetiche davanti ad un PC, un po' per fascinazione delle possibilità economiche di un adulto stipendiato nei confronti di un'edicola, leggo meno libri e sempre più riviste. Soffro così di sensi di colpa costanti per non so quale educazione o abitudine che fa si che io consideri come decisamente inferiori le pubblicazioni periodiche ai libri. Le cose forse non stanno così, anzi sicuramente la divisione è meno netta, meno drammatica. La verità è che passerei gran parte della giornata a leggere piuttosto che computare metri di tubazione da due pollici.


La lettura di riviste ha una sua fenomenologia: in primis c'è il godimento dell'acquisto, in tutte le sue sotto-fasi ovvero l'aspettativa, la comparazione, la scelta, l'acquisto vero e proprio, il trasporto e lo scarto. Se si tratta di una rivista cosiddetta affezionata si sviluppa un'abitudine scandita dai tempi di pubblicazione: settimanale, mensile, bimestrale. Ovvero più si avvicina la fine di un periodo e l'arrivo di un nuovo numero si crea una certa aspettativa, quella che da bambino era la smania dell'attesa. Non è che le cose siano poi così cambiate...

L'aspettiva può essere mortificata da ritardi o da problemi di reperibilità se si passa da edicole inconsuete, ma in generale ha una sua tempistica abbastanza breve che termina all'arrivo in edicola. Piccolo inciso: sono diventato un cultore delle edicole chiuse, a casetta, forse perché riproducono una libreria, luogo ancor più affascinante e carico di emozioni positive, sicuramente perchè più comode, meno aperte agli sguardi altrui, al dover urlare nomi incomprensibili ad un ottuso edicolante e di solito più fornite. Inoltre la mia edicola ha il POS Bancomat e la cosa è decisamente un'istigazione al consumo.


Se la rivista non è di quelle "fisse" si passa alla cosiddetta comparazione: prendiamo il settore dell'aviazione, non c'é la rivista ideale che prevalga in qualità sulle altre e ogni mese mi baso su simpatie, su strane volute mentali che mi si creano in poco tempo, in moti emotivi di ribellione o di esaltazione: "questa no perché ha la solita copertina squallida e parla ancora una volta dei soliti aerei, questa mmh potrebbe essere vediamo...". Va da sé che un minimo di sfoglio è necessario, le edicole fidate lo permettono soprattutto se quelle chiuse. Provate voi se la rivista sta appesa con una molletta tra i DVD di Panorama e gli speciali del Sole 24 Ore. Detto ciò si passa alla scelta: dopo tanto ponderare mi faccio il mio mucchietto e vado a zonzo in altre aree (trasporti, fumetti, architettura, montagna, viaggi, musica, computer PC, attualità), cosa che non toglie la possibilità ch'io torni indietro e con non-chalance riponga le riviste al loro posto, colto da improvviso ripensamento.


Chissà cosa pensa quel burbero del mio edicolante. Sicuramente lo preferisco a quello di una volta, sulla strada per la stazione degli autobus durante i miei 7 anni di pendolarismo coatto sull'A4, tanto caciaroso quanto invadente nelle mie scelte. Ma erano anche gli anni delle uscite speciali di Repubblica e Corriere che tanto mi prendevano: le Guide Rosse del TCI, le guide mondadori City-book, l'enciclopedia degli acquerelli (fino al n° 10), una fase quasi adolescenziale della edicola-mania.


Dopo la scelta e il disbrigo del pagamento (fatto con superba disinvoltura anche se penso ai rimbrotti imminenti della moglie) eccomi che esco come un principe del foro con le mie riviste sottobraccio. Se sono un giusto mucchietto lo stile vorrebbe che si indossasse una giacchetta primaverile, magari un vellutino che fa tanto intellettuale; guai ad indossare giubbotti e ancor peggio arrotolare le riviste. Se sono tante riviste a volte mi danno un sacchetto ma la cosa mi dispiace un po', come se dovessi nascondere di aver comperato dei porno o come se fossi andato dal fruttivendolo e dell'umida insalata stesse inzuppando una copertina di giornale. Vabbé sono piccole manie, di qualcosa bisognerà pur ammattire.


Siccome la distanza della mia edicola da casa non è purtroppo a misura di camminata ma di auto, va da sé che non riesco a scartare subito le mie riviste e me le devo portare a casa, tornando dal lavoro. la cosa toglie quella bella continuità che si avrebbe in altri casi, con la successione a ritmo di marcia di acquisto, trasporto e scarto strada facendo. Magari in quel caso lì si può fischiettare belli contenti.


Infine lo scarto, la vertigine del profumo di nuovo che esce dalla plastichetta (se si tratta di numero in cellophane), il primo sfogliare. Come amo le riviste!

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